Arriva il 27 marzo 2017 a Napoli, al cinema “Acacia” la storia di una mistica ancora sconosciuta ai più che però sta diventando oggetto di venerazione e di studio in tutto il mondo.
Dopo un inspiegabile oblio, in suo onore, all’improvviso – quasi come un segno celeste per i nostri tempi – nascono nuove associazioni di fedeli, vengono scritti nuovi libri, innalzati santuari, girati film. Sembra proprio che sia scoccata l’ora di santa Veronica Giuliani (1660-1727), «il più sublime e necessario soggetto di studio che si sia prodotto dopo il Vangelo» (così Benjamin Dausse, membro corrispondente dell’Accademia francese delle Scienze), tanto che – e questa volta a parlare è papa Leone XIII – «nessuna creatura umana, tranne la Madre di Dio, fu ornata più di lei di doni soprannaturali».
Fenomeni mistici unici (e un Diario dettato dalla Vergine)
Il Papa della Rerum Novarum non sbagliava. Quanto ad esperienze mistiche questa santa sconosciuta ai più che però Pio IX definì «non una santa, ma un gigante di santità» – la cui missione incentrata sull’espiazione, come profetizzato dal cardinal Palazzini, «deve ancora cominciare nella Chiesa» – nel panorama agiografico sembra non avere pari con nessuno. Impossibile elencare tutti i fenomeni mistici da lei vissuti. Impossibile nonché problematico, se non fossero certificati da scritti, testimonianze, bolli notarili, autopsie. Oltre ad essere l’unica cappuccina stimmatizzata della storia; oltre a ricevere misticamente l’incoronazione di spine (causa di gonfiori alla testa che i medici con le loro cure non facevano che aggravare); oltre ad aver bevuto il calice del Getsemani (talmente amaro che tutto ciò che la circondava diventava fiele: cibo, acqua, finanche l’aria, arrivando anche lei a piangere lacrime di sangue); oltre a veder appoggiata sulla sua spalla la pesantissima croce del Calvario fino a che l’osso ne resterà incavato (lo attesterà l’autopsia); oltre a ricevere flagellazioni (da mani invisibili, fino a far scorrere sangue per terra davanti agli occhi delle monache); oltre a dialogare fin da bambina con Maria e Gesù; oltre a questo e a molto altro, Veronica visitò il Paradiso, il Purgatorio e sette volte l’Inferno, che descrisse in maniera dettagliatissima e spaventosa. Lo fece per ubbidienza al suo padre spirituale.
Come per pura ubbidienza scrisse il suo incredibile Diario, Il poema dell’amore e del dolore, un tesoro nascosto di 22 mila pagine diventato in questi ultimi anni prezioso oggetto di studio per i teologi di tutto il mondo (e di cui ultimamente si susseguono ristampe e traduzioni). Uno specialissimo Diario – «tra le pagine più belle ed elevate della letteratura mistica» scriveva Bargellini – durato 34 anni, di cui gli ultimi sette dettati direttamente dalla Vergine.
Chi è questa santa sconosciuta?
Ma chi è Veronica Giuliani? Chi è quest’incredibile e semisconosciuta mistica tutta votata a Dio? Chi è questa “maestra della dottrina dell’espiazione”, come la additò nel 1981 quel cardinal Palazzini (preside della Pontificia Università Lateranense nominato da Giovanni Paolo II prefetto per la Congregazione delle cause dei santi) nell’atto di proporre ufficialmente per Veronica Giuliani il titolo di Dottore della Chiesa? Più recentemente sarà l’episcopato dell’Italia centrale (insieme all’ordine dei frati cappuccini) a indirizzare un appello al Santo Padre affinché la santa venga proclamata Dottore della Chiesa.
Orsola Giuliani nasce a Mercatello sul Metauro, paesino poco distante da Urbino, il 27 dicembre 1660. È la più piccola tra cinque sorelle, quattro diventeranno suore. Come il padre, neanche il vescovo vuole che Orsola (questo il suo vero nome) entri in convento: è troppo giovane e troppo bella, meglio darla in sposa ad un rampollo della nobiltà locale. Le lacrime della fanciulla, però, fanno sì che il vescovo accetti la sua consacrazione dandole il nome (provvidenziale) di Veronica. Colei che per gli agiografi sarà la “Veronica” della Via Crucis scelse per sé il più povero convento delle cappuccine della zona, quello di Città di Castello, vicino a Perugia.
A seguito di quelle stimmate che la santa non poté nascondere, le umiliazioni sopportate dopo che il Sant’Uffizio prese su di sé il caso furono durissime: per cinquanta giorni fu rinchiusa nell’infermeria in totale isolamento. Su tutto vinsero la sua grande obbedienza e umiltà. Vinse l’espiazione, l’eroico anelito all’immolazione nel desiderio di convertire tutti. «Crocifiggete me! Io mi offro perché i peccatori mi inchiodino al Vostro posto!», così andava ripetendo Veronica al “suo” Gesù. Non è un caso se la maggior parte delle sue esperienze intime hanno come indiscusso protagonista il suo cuore: incendi, bussi, impeti, ferite, dardi, chiodi.
Incredibile è il fenomeno della sostituzione del «cuore ferito» (il suo) per il «cuore amoroso» (del Signore), un gioco mistico che riempirà molte volte le pagine più vivaci del suo Diario. Altre volte Veronica nel suo petto custodisce letteralmente due cuori: il suo e quello di Gesù. Il primo batte normalmente, il secondo le solleva le costole, tanto che in convento le consorelle, anche da lontano, ne sentono il battito. Vedono Veronica bruciare per l’effetto del fuoco di questo “secondo cuore” e per refrigerio corrono ad immergerle le mani nell’acqua, che.. inizia subito a bollire.
Chiaro che all’uomo iper-razionalista di oggi i fenomeni mistici descritti nel Diario possono apparire autentiche follie. Peccato però che il vescovo di Città di Castello, appena prima dei funerali, prima di procedere all’autopsia, avesse convocato davanti alla santa le figure più rappresentative della città. Se ne conservano ancora i nomi: il governatore Torregiani, il pittore Angelucci, il medico Bordiga, il chirurgo Gentili, il cancelliere Fabbri, il notaio e molti confessori. Nel momento di estrarre il cuore i presenti videro in esso riprodotti i segni puntuali descritti anni addietro da Veronica nel suo Diario. Esattamente come da sua descrizione videro che sul cuore di Veronica era “stampato” tutto: la Croce, la corona di spine, la lancia e la canna legate insieme, l’iscrizione, i martelli, i chiodi, lo stendardo di Cristo Re, le due fiamme simboleggianti l’amore di Dio e l’amore del prossimo, le sette spade dell’Addolorata, e le iniziali del Nome di Gesù e di Maria.
Alla morte della santa, preannunciate anni prima al suo confessore, le ultime parole di Veronica furono: «L’Amore si è fatto trovare! Questa è la causa del mio patire. Ditelo a tutte, ditelo a tutte!».
Il film che converte il suo regista
La vicenda terrena di Veronica Giuliani, insieme ai “pesanti” risvolti teologici offerti dal suo esplosivo Diario (Maria si presenta alla santa come “Corredentrice” e “Mediatrice di tutte le grazie”, cioè i due possibili dogmi mariani che la Chiesa in questi anni sta approfondendo), è ora finalmente narrata in un docu-film: Il risveglio di un gigante. Vita di Santa Veronica Giuliani.
Il regista è il vimercatese Giovanni Ziberna, che a Gorizia ha fondato la Sine Sole Cinema, casa di produzione cinematografica, e che, cresciuto alla scuola di Ermanno Olmi, ha lavorato con maestri del cinema come Abbas Kiarostami e Ken Loach. La sua vicenda personale (e quella di sua moglie, Valeria Baldan, co-regista del film) è piuttosto singolare: ateo e non battezzato deve la sua conversione proprio alle vicende legate alle riprese del film sulla santa: incontri e “coincidenze” eccezionali che hanno totalmente stravolto la sua vita ma che Giovanni Ziberna racconta con pudore.
Il risveglio di un gigante uscirà in anteprima mondiale, a dicembre, in diverse sale italiane, per poi approdare in Libano, paese che aspetta con impazienza la proiezione. Perché una “prima” internazionale proprio in Libano? Perché la storia del film e del suo regista si intreccia con un frate libanese, fra Emanuel, presidente del movimento “Amici di Santa Veronica” in Libano, e che lì ha contribuito a far sorgere un “rumoroso” Santuario intitolato alla santa marchigiana.
«Aspetto questa chiesa da quasi 300 anni»
Ed è proprio il santuario con annesso convento (che il vescovo locale, monsignor Kamil Zeidan, chiama “il santuario miracoloso” per i continui segni che ne hanno accompagnato la costruzione completata il 9 luglio 2016) a costituire la parte più incredibile di questa intricatissima vicenda celeste. Se è vero infatti che il Santuario, per via dei lasciti di chi ha ricevuto grazie e guarigioni, è stato costruito a tempo di record (10 mesi!), ciò che per lungo tempo ha ritardato la partenza dei lavori era stato trovare il luogo giusto su cui costruirlo. Interi monasteri avevano pregato per questo.
La vicenda legata alla scelta del terreno, nel centro del Libano (a Ksaibe, villaggio a 700 metri di altitudine) sarebbe degna, da sola, di un racconto nel racconto. La protagonista di questo tassello del “mosaico Veronica” è Maria Jean Nacouzi, giovane universitaria di 21 anni, appassionata di canto lirico, cattolica, improvvisamente colpita da un cancro. Scelta dal Cielo come “vittima” per la conversione dei giovani, il 6 gennaio 2009 (15 mesi prima della sua morte, avvenuta il Venerdì Santo del 2010) le apparvero, insieme, Gesù e Maria, indicandole in visione un appezzamento di terra (di proprietà di suo nonno, particolare che Maria ignorava del tutto). «Aspetto questa chiesa da quasi 300 anni». Così le confidò la Vergine, ed esattamente questo la giovane cantante riportò alla madre, poco prima di morire abbracciata al crocifisso. La tomba di Maria Nacouzi, meta di moltissimi giovani, sorge oggi ben in vista di fianco al santuario, la cui inaugurazione ha visto la presenza record di oltre 11 mila fedeli.
Il 9 luglio 2016, festa di santa Veronica Giuliani, le tv libanesi hanno trasmesso in tutto il mondo la Messa inaugurale da un santuario che da allora vive di pellegrinaggi affollatissimi: le cronache locali registrano la presenza di quasi mille pellegrini al giorno, che diventano cinquemila la domenica. I fedeli della santa (in continuo aumento per un sorprendente effetto contagio) sono convinti che siamo solo all’inizio del risveglio del “gigante Veronica” per il mondo di oggi. Il suo tempo sembra essere arrivato.
Fonte: Tempi.it